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Simone Cicero: l’economia che non ha paura di cambiare e innovare, con ottimismo

Simone Cicero è digital strategist e social hacker. Si occupa di Innovazione, Design e Value Creation, il suo blog è meedabyte. Fondatore di Hopen.it e membro di Ouishare, per Internet Festival 2013 cura la sezione “Sharing Economy”.

Intervista di Anna D’Amico

“Le promesse di un’economia condivisa e collaborativa” è il titolo dello speech con cui aprirai la sezione del Festival dedicata alla Sharing Economy, che hai curato personalmente, puoi anticiparci i temi chiave del tuo intervento?
La mia idea è proporre un ribaltamento di prospettiva di fronte alla crisi in cui siamo immersi, una crisi che non è solo economica ma anche valoriale. Con il mio speech vorrei far capire che ci sono promesse di miglioramento interessanti da valutare, che superare il modello economico che ci ha dominato negli ultimi 50 anni, procurandoci non pochi problemi, è alla nostra portata. Basta scegliere una prospettiva nuova le cui parole chiave siano: cambiamento, collaborazione e ottimismo.

Quale è stato il ruolo della Rete nell’affermarsi delle varie forme di New Economy?
Io credo che il ruolo della Rete, sotto vari aspetti, ricalchi quello svolto in passato dalla stampa nel permettere alle idee di viaggiare più velocemente e creare le premesse per l’avvento del Rinascimento. La Rete funziona come un attivatore di nuove possibilità: ci permette di rimanere in contatto con persone fisicamente lontane, di condividere pensieri e progetti in modalità “live”, di abilitare contesti sinora inediti. Questo sotto l’aspetto pratico, ma c’è anche un livello diverso di coinvolgimento. E’ quello che riguarda l’interconnettività di Internet e che ci porta a vivere sempre più legati gli uni agli altri, a pensare e vivere in maniera più empatica, a collaborare. L’idea di un nuovo Rinascimento con al centro l’homo interneticus è una prospettiva molto interessante…

Nel tuo blog ti definisci un appassionato di Open Culture e Digital Freedom: come si declinano questi due elementi in ambito economico?
Open Culture significa libera circolazione di idee e contenuti. E’ un’idea che si lega al movimento del free software, delle licenze Creative Commons e dell’open hardware e punta ad abbattere le barriere che limitano o impediscono la circolazione della cultura. La cultura è un patrimonio comune, non il prodotto di un singolo. E’ un processo aperto al contributo di tutti, come ci ha spiegato molto bene Kirby Ferguson nel suo documentario: “Everything is a remix”. Per quanto riguarda invece il concetto di Digital Freedom credo sia importante comprendere le potenzialità e i rischi a cui andiamo incontro a causa della progressiva e inevitabile digitalizzazione della società e delle nostre vite. Siamo monitorati: dobbiamo saperlo e agire in maniera consapevole.

Vuoi presentarci i temi che affronterete negli incontri in programma?
Seguiremo tre percorsi tematici: il primo è legato al consumo collaborativo e punterà ad analizzare il possesso degli oggetti (dalla bici, alla macchina, alla casa ecc…), non sotto l’aspetto della proprietà ma dell’accesso al bene, una pratica che può produrre grandi opportunità di risparmio; il secondo riguarda la produzione, sempre in termini collaborativi, quale fonte di nuovo benessere economico (un esempio è il progetto Slowd.it un network di designer e artigiani che realizzano prodotti in maniera sostenibile a km 0; oppure Noi Net, un gruppo di privati cittadini che hanno creato una rete di accesso wireless a basso costo dove ognuno è allo stesso tempo fruitore ed erogatore: entrambi saranno presenti all’evento).

Il terzo tema che svilupperemo avrà un impatto sociale e parlerà soprattutto di empowerment. L’obiettivo è far conoscere nuove possibilità di confronto con il mercato, dove il ruolo di ciascuno di noi non sia limitato a quello di consumatore, ma di protagonista: pensiamo al caso di Open Source Ecology che realizza progetti di macchine industriali e li rende disponibili in open source per tutti. Il progetto, in Italia è oggi implementato da un gruppo di soci, guidato da Jacopo Amistani, che sarà presente al Festival insieme ad altri speaker.

Quale feedback ti piacerebbe ricevere dal pubblico che vi seguirà?
Partecipazione e protagonismo. Vorrei che prevalesse l’idea che ognuno di noi può fare concretamente qualcosa e offrire soluzioni a se stesso e agli altri. Gli atteggiamenti di immobilismo e passività lasciamoli ai governi, non aspettiamo il permesso di nessuno per innovare.

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