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In share we trust!

E’ ogni giorno più evidente come l’iper-consumismo e lo strapotere del capitalismo stiano lasciando il passo, almeno nei cuori e nelle menti di qualcuno, ad un’economia basata sul concetto di relazioni tra pari (peer to peer), apertura e collaborazione, uno spirito open source che ci ha regalato nella storia cose come wikipedia o il sistema operativo gratuito e libero GNU/Linux.

La forza della così detta “Sharing economy” – Economia Collaborativa rende forse meglio l’idea in italiano – risiede in un aspetto fondamentale: la partecipazione, l’accessibilità, il nuovo ruolo di protagonista che tutti possono avere.

La rete e i social network hanno contribuito ad abbattere quelle barriere di individualità mettendoci maggiormente in relazione gli uni agli altri, reinventando il modo di produrre e usare beni, risorse e servizi, sfruttando le potenzialità dell’essere parte di una comunità.

In un momento di forte crisi come quello che stiamo vivendo, siamo chiamati ad essere noi attori del cambiamento, esplorando e sperimentando nuovi modi di fare economia in un’ottica di riuso, dono e mutualità.

Siamo quindi tutti chiamati ad essere imprenditori di noi stessi, sfruttando le nostre capacità creative e gli strumenti che sono a disposizione nella rete, a partire dal reperimento di fondi mediante il crowdfounding, passando per l’utilizzo delle più innovative e sostenibili tecnologie come le stampanti 3D, fino a giungere alla visione di pionieri come i ragazzi di Open source Ecology che parlano di Ecologia ed Economia open source.

In un paese come l’Italia, con la sua storia manifatturiera e la sua tradizione nel design, l’economia collaborativa si incarna sempre più nel movimento dei così detti “makers”: a partire dalla piattaforma Arduino, leader mondiale nel campo della creatività nell’elettronica fino ad arrivare alle stampanti 3D e alla relativa nascita dei sempre più frequenti Fablab, spazi di lavoro condiviso nei quali è possibile progettare e realizzare oggetti mediante queste tecnologie; delle Aziende italiane come Slowd (un progetto di “fabbrica diffusa”) si prefiggono l’ambizioso obiettivo di rivoluzionare gli oggetti di design e di mobilio, con un progetto che permette di passare dalla prototipazione alla vendita a KM 0 di prodotto finito, grazie a una capillare rete di artigiani. Nel campo della produzione agricola e industriale l’ambizioso progetto open source ecology, vede all’opera centinaia di imprenditori, produttori, ingegneri, fabbers e attivisti di tutto il mondo: applicare il paradigma del libero accesso, grazie all’utilizzo di tecniche ed attrezzature open source, nella costruzione di un numero sempre crescente di macchine industriali e agricole. Un ambizioso progetto che vede gli Italiani in prima linea anche grazie a Open Source Ecology Italia, ramo italiano dell’organizzazione.

Proprio di questi giorni è la chiamata alle armi di Ouishare Italia, Think/Do Tank internazionale già attivo da più di un anno in Italia che cerca nuove energie per la costruzione di un gruppo italiano più forte che collabori coi tanti che stanno crescendo oltralpe e oltreoceano, per generare nuove opportunità e potenziali progetti da realizzare nella promozione dell’economia collaborativa.

Fatevi avanti dunque: per conquistarsi il futuro bisogna prima praticarlo!

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